La prima volta che abbiamo visitato la Fondazione MAST di Bologna era il Gennaio 2023, in occasione del premio biennale ai giovani talenti della fotografia. Due anni fa il vincitore fu Hicham Gardaf che, con gli scatti dedicati alla sua Tangeri e ai raccoglitori di plastica, ci fece emozionare tanto da prenotare un viaggio nel Nord del Marocco (Leggi l’articolo) qualche mese dopo.
Il 29 Gennaio 2025 è stata inaugurata l’ottava edizione di MAST Photography Grant on Industry and Work (vai al REEL), visitabile fino al 4 Maggio dal martedì alla domenica ad ingresso gratuito in Via Speranza 42.

Il premio
Il concorso fotografico della Fondazione MAST nasce nel 2007 per dare voce ai talenti emergenti internazionali che affrontano il tema del lavoro e dell’industria. Grazie ad una borsa di studio, i cinque vincitori finalisti potranno sviluppare il proprio progetto, realizzare una mostra accompagnata da catalogo ed entrare nella collezione fotografica della fondazione.
I finalisti dell’edizione 2025 sono: Felicity Hammond con la sua istallazione “Autonomous Body” dedicato alla produzione automobilistica, Gosette Lubondo fotografa di “Imaginary Trip III” un viaggio nei luoghi abbandonati dell’industria coloniale in Congo, Silvia Rosi che racconta il commercio di tessuti delle Nana Benz a Lamé nel reportarge “Kɔdi”, Kai Wasikowski che con “The Bees and the Ledger” indaga la dispersione di professionalità durante i flussi migratori in Australia, e la vincitrice dell’edizione 2025 Sheida Soleimani che con la sua “Flyways” e l’accesa discussione verso l’industrializzazione ha lasciato tutti a bocca aperta.

Siamo uccelli in gabbia
La vincitrice di Photography Grant on Industry and Work è Sheida Soleimani, classe 1990 attivista iraniano – americana e figlia di rifugiati politici fuggiti dall’Iran negli anni Ottanta. Durante il suo percorso artistico ha indagato più volte le storie di violenza che collegano il paese d’origine con gli Stati Uniti e il Medio Oriente. Con il progetto “Flyways” porta in scena scatti mai visti prima, infatti i suoi soggetti sono gli uccelli morti o in via di guarigione che l’artista tiene delicatamente tra le mani.
Le immagini mettono in risalto le loro ferite causate dall’industrializzazione, in un mondo che si sviluppa velocemente, l’impatto con finestre o edifici è la principale causa di morte dell’avifauna. Così le loro rotte migratorie diventano sempre più difficili e gli habitat naturali sono spesso distrutti da un anno all’altro per far spazio a nuovi edifici residenziali. Le rotte migratorie degli uccelli trovano un perfetto parallelismo con le vite delle donne iraniane, impegnate nel movimento Donna, Vita, Libertà che si batte per i diritti umani e l’uguaglianza di genere, spesso costrette a lasciare il proprio paese per inseguire il sogno di una vita libera. Una chiave di lettura difficile al primo sguardo, ma che mescolata all’originalità e alla creatività di Soleimani, fa rimanere i visitatori senza fiato.



Storie dell’Africa
Attraverso il premio della Fondazione MAST si conoscono sempre realtà complesse provenienti dalle periferie del mondo. Realtà raccontate da pochi, come quelle che provengono dal continente africano e raccontate dalle fotografe Gosette Lubondo e Silvia Rosi, ambientate rispettivamente nei loro paesi di origine: il Congo e il Togo. “Imaginary Trips III” è il progetto di Lubondo dedicato alla devastazione coloniale subita dal Congo, i soggetti degli scatti sono vecchi edifici ormai abbandonati, macchinari arrugginiti e fabbriche andate in malora, ricoperte dalle foglie della foresta di Mayombe. Le cittadine di Zaire e Lukula sono cicatrici di un passato indelebile per la Repubblica del Congo e che la fotografa vuole imprimere per sempre nei suoi scatti.


Parallelo è il progetto “Kɔdi” di Silvia Rosi, che racconta la storia delle Nana Benz, ambientata a Lomé, in Togo. Un gruppo di donne influenti presero il controllo del commercio dei wax, tessuti colorati e stampati provenienti dall’Europa. In poco tempo i loro profitti triplicarono, tanto da essere chiamate Nana Benz: nana che nel linguaggio vernacolare togolese vuol dire madre, Benz perché i cospicui guadagni avevano permesso alle donne di acquistare auto tedesche Mercedes. Queste donne hanno avuto un ruolo fondamentale nel processo di decolonizzazione del paese e nelle lotte per l’emancipazione femminile.

È bello vedere come, anno dopo anno, i temi dell’industria e del lavoro vengano sviluppati in modalità completamente differenti dai candidati al premio. Attraverso gli sguardi dei giovani talenti internazionali si apprendono realtà e fatti storici dimenticati, è questo ciò che ci piace della Fondazione MAST: indagare dettagli di cui quasi nessuno parla.
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