Nel 2013 a Bologna nasce la Fondazione MAST, un’istituzione culturale internazionale e filantropica, basata sulla Tecnologia, l’Arte e l’Innovazione. Una vera e propria chicca per il settore artistico italiano, come il premio MAST Photography Grant on Industry and Work, istituito nel 2007 e promosso dalla Fondazione. Grazie ad esso, ogni anno, i giovani fotografi hanno la possibilità di vincere una borsa di studio, sviluppare un progetto fotografico sui temi dell’industria e del lavoro ed esporlo in una mostra.

L’edizione 2023 ha aperto le porte ai visitatori lo scorso 25 Gennaio e, tra i primi a visitarla, c’eravamo anche noi, affascinati e incuriositi dagli scatti dei fotografi emergenti. Ognuno di loro proviene da un’area geografica diversa, ma tutti hanno lo stesso obiettivo: raccontare una storia attraverso la propria macchina fotografica. Cinque storie fra tutte hanno colpito la giuria: il racconto della comunità araba a Dearborn di Farah Al Qasimi (Abu Dhabi, 1991); le sagome fotografiche di Lebohang Kganye (Johannesburg, 1990) ispiratasi a scene di vita sudafricana; l’intelligenza artificiale utilizzata da Maria Mavropoulou (Atene, 1989); il legame tra la gig economy e l’attività mineraria in Sudafrica raccontato da Salvatore Vitale (Palermo, 1986); e infine il contrasto tra il vecchio e il nuovo nella città di Tangeri immortalato da Hicham Gardaf (Tangeri, 1989), vincitore del concorso.

Idee differenti – in mostra fino al 1 Maggio 2023 – che aprono gli occhi dei visitatori su mondi sconosciuti e spronano la fantasia di viaggiatori come noi. È quello che ci è successo con i racconti fotografici di Farah Al Qasimi e di Hicham Gardaf: un viaggio sola andata da Dearborn a Tangeri.

Farah Al Qasimi ambienta i suoi scatti nella cittadina di Dearborn, oggi inglobata nell’area metropolitana di Detroit, diventata famosa nel Novecento per essere stata la culla della Ford Motor Company. Fu questo il motivo che spinse migliaia di arabi immigrati a stabilirsi nell’interland dando vita, negli anni, alla più grande comunità araba di tutti gli Stati Uniti d’America. Giorno e notte, la fotografa esplora la città con la sua macchina fotografica e mostra allo spettatore una realtà ben più simile ad un paese medio-orientale, che ad una metropoli americana capitalista. 

Protagonisti dei suoi scatti sono donne che indossano il velo, vetrine con insegne in lingua araba, talismani orientali sui cruscotti dei taxi e tanti altri dettagli che mostrano il bizzarro connubio tra cultura araba e statunitense nato a Dearborn.

Le foto di Al Qasimi non seguono regole, piuttosto sembrano scattate di nascosto da angoli improbabili e in modo quasi distratto, come se non volesse essere scoperta dai suoi soggetti. Grazie a questo nascondino fotografico, lo spettatore riesce ad immergersi nella routine degli abitanti come fosse lui il fotografo, scoprendo uno spaccato culturale importante per la città di Detroit e spesso sconosciuto al grande pubblico.

Dal Michigan voliamo in Marocco, con esattezza a Tangeri, la città del vincitore del concorso Hicham Gardaf, un ragazzo alto e snello che durante il suo discorso al MAST dedica la vittoria a due donne: la nonna e la mamma che hanno sempre creduto nella sua attività artistica. Un pensiero semplice che, forse, non tutti avrebbero il coraggio di esprimere ad alta voce, su un palco, davanti a un pubblico. Eppure il segreto del vincitore sembra essere proprio questo: dare sfogo alla semplicità, le opere di Gardaf abbandonano qualunque tipo di artificiosità per lasciare spazio ad un racconto di vita quotidiana.

La città di Tangeri è il palcoscenico del suo racconto fotografico, qui negli ultimi anni è avvenuto un accelerato processo di urbanizzazione e trasformazione sociale, che hanno portato ad un forte divario tra il moderno delle zone nuove e il fascino antico incastrato nelle vie dedaliche del centro storico.

Il Marocco d’altri tempi sullo sfondo di una città in continua trasformazione si fa spazio negli scatti di Gardaf, i suoi protagonisti sono venditori ambulanti impegnati a passare di casa in casa per portare la candeggina agli abitanti, per poi raccogliere le bottiglie di plastica vuote. Un mestiere ormai prossimo all’oblio ma che riporta il fotografo indietro nel tempo quando, da bambino, sentiva urlare tra le vie della città i venditori e scandire le ore della giornata.

Un’attenta riflessione sulla natura dei mestieri in via di estinzione e su come questi rifiutino ancora oggi la modernità. Il venditore di candeggina Laaroussi posa con le sue bottiglie di plastica davanti l’obiettivo e ci ricorda dei tanti rifiuti abbandonati visti sulla strada per Merzouga, durante il nostro viaggio in Marocco. Quella contro la plastica è ormai una battaglia cara a noi Europei, eppure il venditore ritratto sembra quasi vivere in un’altra epoca. 

Lo spazio in cui sono allestite le opere di Gardaf è di colore giallo ed entrare in questa sala è un po’ come ritrovarsi immersi in una città marocchina, dove i colori permeano negli occhi e nell’umore di chi la visita. Gli scatti sono semplici e riportano una realtà vera, tra i vicoli di Tangeri ci sono donne vestite all’orientale che parlano tra loro, bottiglie di plastica abbandonate e molti altri dettagli che è facile trovare in ogni angolo del Marocco.

La macchina fotografica torna ad essere lo strumento per raccontare una storia nota agli abitanti di Tangeri ma nuova per noi stranieri, è grazie alla semplicità che il fotografo si contraddistingue tornando un po’ sui passi iniziali della fotografia. Capa raccontava la guerra al fronte, Doisneau la Parigi del consumismo e Gardaf la trasformazione di Tangeri in epoca contemporanea.

La vista di scatti così autentici ci ha emozionati e condotti in un viaggio di poche ore per le vie di Tangeri.

Usciti dalla mostra è stato chiaro come, in un mondo abituato ormai ad osare in ogni azione quotidiana, i veri anti-conformisti sembrano essere coloro che tornano a dare attenzione alle conformità dimenticate da tempo. Hicham Gardaf ci dà l’idea di essersi semplicemente affacciato dalla finestra di casa e aver fotografato la bellezza delle piccole cose che aveva davanti agli occhi.

Graziano e Federica

Hola siamo Graziano e Federica, due viaggiatori che hanno unito la propria vita nelle passioni e nel lavoro facendone un viaggio unico. Ci siamo conosciuti ad un colloquio di lavoro, che avremmo lasciato entrambi da li a breve, e dopo quindici giorni abbiamo prenotato il nostro primo viaggio insieme. Amiamo le cose colorate, i profumi del buon cibo e scoprire ogni giorno posti nuovi. La nostra casa è l’unione tra il design lineare scandinavo e lo spirito bohéme parigino.

×