È il Febbraio 2020 e sto organizzando un viaggio, sono quasi decisa a prenotare una settimana in Marocco per il mese di maggio o di settembre, per evitare il caldo torrido. Una mattina mi sveglio e boom… Scoppia il Covid! Telegiornali inondati di terribili notizie, quarantene che dilagano da uno stato all’altro, frontiere chiuse.

Naufraga il mio sogno di raggiungere il Marocco e, per i primi tre mesi, naufraga ogni speranza di uscire di casa per una semplice passeggiata. L’unico deserto che avrei visto da lì a poco sarebbe stata la piazza vicino casa, priva di passanti e automobili, un vero e proprio deserto urbano che dimenticherò difficilmente.

L’ansia del viaggiatore

Trascorro due anni a sognare Marrakech, con le sue case color ruggine, i tappeti colorati e i sacchi di spezie. Finché nel Marzo 2022 io e Graziano sentiamo il reale bisogno di prenotare un viaggio per l’estate. La scelta ricade su Budapest, un week end costato pochissimo, tanto che qualche soldino in tasca era rimasto.

Continuiamo a vedere altre possibili destinazioni fino ad arrivare a Marrakech, il Marocco aveva da poco riaperto le frontiere internazionali e si preparava alla nuova stagione turistica. I prezzi dei voli da Roma erano adatti alle nostre tasche e, in pochi minuti, ci ritroviamo un volo prenotato per Marrakech ad agosto. Si, il mese più caldo dell’anno e temuto da tutti i turisti.

Eppure per me quello era l’ultimo dei problemi, perché mi trascinai dietro l’ansia del viaggiatore per ben cinque mesi. 

Per chi non lo sapesse i viaggiatori più sensibili soffrono di questo stress pre partenza, il mio era dato principalmente da un fattore: il Covid19. La mia ansia era dettata dall’aver sognato a lungo quel posto e avere paura che si richiudessero le frontiere a poche settimane dalla partenza. L’anno precedente accadde con i viaggi a Malta e a Vienna entrambi annullati e riprogrammati. Con Marrakech non poteva accadere lo stesso, non me ne sarei mai fatta una ragione.

Per fortuna il giorno della partenza giunse e i miei nervi si rilassarono solo quando finalmente uscii dall’aeroporto della città. 

Cosa farai quando sarai a Marrakech?

L’arrivo a Marrakech

Arrivati a Marrakech in tarda serata il transfer ci accompagnò a pochi passi dal Riad Nouceiba e a guardarci intorno sembrò di essere finiti su un set cinematografico. Case arabe intorno, odore di cucina speziata nell’aria, bambini che giocavano agli angoli della strada, cani e gatti randagi, scooter rumorosi e persone in strada.

Un caos lontano dalle città europee e che dopo due anni di pandemia avevamo completamente dimenticato. Entrare nel Riad fu quasi rigenerante, ad accoglierci c’era Aziz, un giovane ragazzo marocchino che con un sorriso ci mostrò la camera e il meraviglioso patio della struttura. I rumori scomparvero all’istante e capimmo subito che soggiornare in un Riad sarebbe stata un’esperienza irripetibile, da fare almeno una volta nella vita.

La magia dei Riad

Il Riad è il tipico palazzo arabo a uno o due piani, con un patio centrale dove solitamente sorge una fontana o una piccola vasca maiolicata. Chi è stato nel cuore dell’Albayzin di Granada avrà visto palazzi simili, il Marocco ne è pieno e, la maggior parte di essi, sono stati trasformati in alberghi. Le camere affacciano tutte sul patio interno, che dona un’atmosfera intima e silenziosa agli ospiti che lo abitano.

Se penso ai Riad mi vengono in mente fontane zampillanti, piante di ogni tipo e un odore di fiori d’arancio nell’aria. La nostra prima notte nel Riad Nouceiba pensavamo che tutto ciò fosse un sogno. Infatti svegliarsi in un Riad è un po’ come ritrovarsi immersi in un mondo perfetto: la luce filtra dai tendoni parasole posti sul terrazzo, l’ambiente rimane fresco nonostante il caldo marocchino, qualche uccellino vola libero cinguettando e la colazione viene servita nel patio.

Ad attendere gli ospiti c’è la colazione tipica a base di frutta, marmellata e delle deliziose piadine appena sfornate sulle quali spalmare il miele. È ora di porre fine a questo sogno per rituffarci nel caos della Medina: Marrakech ci attendeva.

Impatto Africano

Usciti dal Riad l’impatto con la realtà marocchina fu crudo e ben diverso dalle immagini viste sui social e nelle pubblicità. Le strade della Medina sono sporche, tortuose e ricche di insidie per i turisti meno attenti. Nella famosa piazza di Jeema El Fna vi ritroverete circondati da venditori insistenti, scimmie al guinzaglio e serpenti incantati. Passare inosservati qui è impossibile, arriverà sempre qualcuno a parlare con voi!

La mia domanda fu una sola: “dove siamo finiti?” Ammetto che il mio primo pensiero fu estremamente occidentale: ci sono norme igienico sanitarie? Ma gli animali esotici liberi sono controllati? Perché gli automobilisti non seguono le regole della strada? Ebbene si, attraversare la strada è difficile, nonostante ci siano semafori e strisce pedonali, nessun automobilista li rispetta e in strada troverete qualunque tipo di mezzo di trasporto, dalle moto ai calessi.

Un altro disagio che si nota subito è l’insistenza dei venditori nel rifilarti qualunque tipo di oggetto ad un prezzo fuori mercato. Per chi non lo sapesse, i venditori del souk di Marrakech amano contrattare con i turisti, dunque non ci sono prezzi esposti. Quanto costa un oggetto lo decidi tu in accordo con il venditore. Purtroppo, durante le nostre lunghe contrattazioni, abbiamo visto turisti europei comprare sciocchezze a prezzi da capogiro. Fu il cambio moneta o il sole bollente a distrarli?

Booking.com

La Medina

Il famoso souk si snoda tutto tra le strade della Medina di Marrakech, una ragnatela di vicoli che rappresenta il cuore della città. Animata da botteghe, caffè e ristoranti è stata dichiarata Patrimonio Unesco nel 1985 e possiamo affermare che con i suoi colori è diventata uno dei luoghi più belli che abbiamo mai visto al mondo.

I nostri occhi ammiravano ogni cosa: spezie, lampade, piatti, sandali, vestiti. I colori del Marocco non li avevo mai visti altrove, era come aggiungere nuove sfumature alla propria tavolozza personale. Il Blu Majorelle, il marrone della terracotta, il giallo della curcuma. Sarà stata la luce calda che illumina le cose e gli dona una sfumatura diversa, ma da quel giorno ho scoperto nuovi colori.

La truffa delle Concerie

Passeggiando in uno dei tanti vicoli della Medina abbiamo vissuto forse l’esperienza più spiacevole del nostro soggiorno a Marrakech. Per chi ha consultato qualche guida turistica sa che, una delle tappe obbligatorio, sono le Concerie il luogo dove gli artigiani producono le pelli. Sfortunatamente, lungo la strada che conduceva alle concerie, alcuni ragazzi ci hanno accerchiati chiedendoci la nazionalità e dove fossimo diretti. Senza dare troppe risposte ci dissero che avrebbero voluto accompagnarci alle Concerie della città, ascoltammo i loro consigli e ci avviammo sulla via indicata.

Poco dopo, ci fermò un altro ragazzo chiedendoci se stessimo andando alle concerie. Una strana coincidenza, ogni persona che incontravamo sulla strada voleva portarci alle Concerie. Ci indicò così un terzo passante che, casualmente, stava andando proprio lì.

Le strade intorno a noi si fecero sempre più isolate e non ci piaceva l’idea di seguire un passante qualunque. Dove stavamo andando precisamente? Bastò un attimo per guardarci e cambiare strada, entrammo in un vicolo per fargli perdere le nostre tracce.

La verità è che due viaggiatori solitari come noi volevano andarci da soli alle Concerie. La rete del telefono non aveva neanche un buon segnale tra i vicoli della Medina, inoltre orientarsi era davvero difficile. Decidemmo di lasciar perdere l’impresa e di tornare indietro, con la promessa di tornare nei giorni successivi.

Ripresa la strada principale, a pochi passi da noi, c’era il gruppo di ragazzi che, per primi, ci diedero informazioni riguardo le concerie. Con insistenza ci dissero di cambiare strada perché le concerie erano dalla parte opposta. Non rispondemmo e accelerammo il passo. L’impressione fu quella di aver evitato una situazione spiacevole, così tornati in albergo cercai le concerie su Google e scovai centinaia di recensioni di utenti di ogni nazionalità che scrivevano “è una truffa”.

La brutta esperienza raccontata era la stessa: le persone seguivano i passanti che si offrivano di accompagnarli nel luogo desiderato, una volta arrivati lì esigevano soldi o altri oggetti personali. Alcuni raccontavano di essere stati accerchiati anche da più ragazzi. Avevamo evitato tutto questo per puro sesto senso, furbizia o la solita fissa di voler fare tutto da soli.

Jardin Majorelle

Durante il nostro secondo giorno a Marrakech, ci siamo diretti verso la visita più suggestiva in città: Jardin Majorelle. Il complesso di giardini commissionati dal pittore francese Jaques Majorelle è diventato iconico in tutto il mondo per il suo blu elettrico. La sua fama è legata anche allo stilista Yves Saint Laurent che, insieme a Pierre Bergé, riscoprì il giardino nel 1966, durante il suo primo soggiorno a Marrakech.

Rimanendo incantati dalla struttura, i due comprarono Jardin Majorelle negli anni ’80 e vi si stabilirono. Si deve proprio a loro il grande lavoro di restauro e il vicino Yves Saint Laurent Museum, meta degli amanti della moda provenienti da tutto il mondo.

Immaginate il verde delle piante, il rumore dell’acqua che sgorga, il blu della villa e il giallo dei vasi sparsi nel giardino. Elementi unici da fotografare e che ogni turisti ricorda per sempre. Si, perché qui l’unica cosa che non manca sono i visitatori e vi consigliamo di prenotare la visita durante le prime ore della mattina, per evitare la folla.

La Ville Nouvelle

Jardin Majorelle e i Riad della città sono vere e proprie oasi di pace inondate dai turisti che fanno a pugni con la realtà cruda della città. Tutt’oggi nella Medina è sconsigliato passeggiare con abiti scollati ed è vietato visitare le moschee per i non credenti. Se pensate di visitare i luoghi di culto come foste ad Istanbul o in Egitto, ribaltate completamente la vostra idea.

Ci accorgemmo di essere immersi in un mondo diverso da quello europeo quando visitammo il quartiere Ville Nouvelle, conosciuto come la parte occidentale di Marrakech. La città cambia i connotati e assomiglia alla vicina Spagna, le strade larghe, le insegne dei fast food americani e le ragazze che indossavano minigonne e borse firmate. Una specie di città nella città, una realtà parallela dove ci rifugiammo per qualche sera solo perché scoprimmo una steak house turca davvero buona!

La Mamounia

Le differenze sociali a Marrakech si notano ovunque, in particolar modo nei Riad sfarzosi che ospitano i turisti più danarosi. Il più celebre è la Mamounia, uno splendido hotel a cinque stelle che, negli anni, ha ospitato Charles De Gaulle, Charlie Champlin, Martin Scorzese e tanti altre celebrità.

Divenuto celebre per la serie tv Netflix Inventig Anna, la Mamounia ha attratto l’attenzione di Graziano che mi ha letteralmente trascinata qui senza neanche sapere dove fossimo finiti.

Giunti all’ingresso è obbligatorio un dress code preciso, per fortuna il mio abito lungo e la camicia in lino di Graziano hanno fatto bella figura. Siamo idonei al metal detector e ci lasciano entrare, a patto di lasciare i nostri effetti  personali in un armadietto. Controlli così accurati che neanche il Louvre o i Musei Vaticani avevano mai visto! 

Varcata la soglia dell’Hotel La Mamounia eravamo solo io e Graziano. Sentendoci spaesati, avvistammo un addetto alle pulizie per chiedere informazioni sull’ingresso. Non rispose alla nostra domanda anzi, ci voltò le spalle. Subito capimmo di aver sbagliato il tiro. Non informandoci bene sulla Mamounia, non avevamo compreso lo sfarzo e la bellezza del posto. Intorno a noi c’era solo personale in divisa che sorvegliava l’ingresso e l’interno della struttura e noi, da persone semplici, eravamo andate a chiedere informazioni ad un inserviente che, a quanto pare, non può interagire con gli ospiti altolocati. Un divario sociale mai visto prima e che ci faceva sentire quasi a disagio.

Attraversammo l’atrio composto da marmi scintillanti, arazzi morbidi a terra e lampadari enormi che scendevano dai soffitti. Sulle pareti abiti e gioielli in vetrina con prezzi da capogiro. Il menù della caffetteria indicava 7 euro per un espresso.

Il posto non era adatto a noi ma la curiosità di scoprirlo era troppa, quindi continuammo a camminare per i giardini con fare disinvolto, come fossimo degli ospiti dell’hotel. I giardini erano immensi: campi da tennis, prato all’inglese, panchine sotto l’ombra degli alberi, uliveti ben irrigati… E menomale che Marrakech sorge in una zona arida! Tutto quello sfarzo ci metteva estremamente a disagio per molti aspetti ed uscire da lì fu un vero sollievo.

La notte a Jeema El Fna

Per la nostra ultima sera a Marrakech decidemmo di goderci il caos di Jeema El Fna da un rooftop che affaccia sulla piazza, sorseggiando tè marocchino alla menta. Le luci della notte, il richiamo del muezzin e il vociare del popolo mi sarebbero mancati per sempre. Dopo il primo impatto quasi shoccante con la città, iniziammo ad abituarci, a capire e ad apprezzare meglio ciò che avevamo intorno.

Forse è questa la parte più bella del viaggiare, andare oltre i pregiudizi, ricredersi sulle proprie idee, ambientarsi e migliorare se stessi.

Marrakech a noi fece tutto questo e la sentiamo ancora nostra: dai profumi alle persone, dal cibo al sapore del tè.  In una settimana ho capito di essere fortunata a vivere in un paese privo di classi sociali e vivere come una donna libera, libera di indossare abiti corti, libera di professare la religione che voglio, libera di esprimere il mio pensiero. 

A ripensare alle realtà sociali conosciute lì a Marrakech, ci sentiamo eternamente fortunati della nostra condizione sociale, del nostro lavoro, della nostra società e della nostra libertà. Per questo il Marocco ci ha cambiato un po’ la vita.

Alcuni dei collegamenti presenti su questo sito sono delle affiliazioni. Ciò implica che se fai clic sul collegamento e effettui un acquisto, riceveremo una piccola commissione di affiliazione. Nonostante ciò, ci impegniamo a consigliare solo prodotti o servizi che utilizziamo regolarmente e che crediamo possano esserti utili.

Graziano e Federica

Hola siamo Graziano e Federica, due viaggiatori che hanno unito la propria vita nelle passioni e nel lavoro facendone un viaggio unico. Ci siamo conosciuti ad un colloquio di lavoro, che avremmo lasciato entrambi da li a breve, e dopo quindici giorni abbiamo prenotato il nostro primo viaggio insieme. Amiamo le cose colorate, i profumi del buon cibo e scoprire ogni giorno posti nuovi. La nostra casa è l’unione tra il design lineare scandinavo e lo spirito bohéme parigino.
×