Ci sono viaggi che amiamo progettare, altri invece ci vengono incontro, richiedono la nostra fiducia per donarci un’avventura insperata. Così è accaduto per me con il Treno della Memoria, un’esperienza unica vissuta con mia sorella, da cui non potevamo tornare che cambiate.

Vi racconterò il nostro itinerario lasciandovi un piccolo vademecum delle cose indispensabili da sapere e da portare con voi, se vorrete affrontare questo indimenticabile viaggio. 

Prima tappa Berlino: per le strade della capitale tedesca

Attraversata la suggestiva Isola dei Musei, il traffico caotico della città s’arresta, come un’onda su uno scoglio, sulla scultura in bronzo di Franz Meisler “Trains to Life- Trains to death”. Due gruppi di bambini guardano in direzioni opposte: rappresentano da un lato i 10.000 bambini ebrei portati in salvo in Inghilterra dal Kindertransport, dall’altro quelli che hanno preso ben altro treno. Le loro mani erano piene di fiori veri, un po’ appassiti, che la gente lascia ogni giorno.

Superato l’imponente e maestoso Reichstag, la sede del Parlamento, siamo arrivati al Monumento per la commemorazione dei Sinti e Rom vittime dell’Olocausto. Dietro un’alta siepe, si trovava un piccolo giardino, inghiottito dal silenzio: nel mezzo uno specchio d’acqua circolare con al centro una stele triangolare, simbolo dei triangolini cuciti sulle divise dei detenuti, opera dell’artista Dani Karavan. Lungo tutto il perimetro della vasca corrono le parole della poesia Auschwitz del rom italiano S. Spinello in inglese, tedesco e romeno. Intorno, sulle pietre conficcate nel terreno, sono scolpiti i nomi dei campi di concentramento.

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Se chiudo gli occhi mi sembra quasi di poter sentire ancora l’odore dei fiori che appassiscono salire dalle corone di fiori lasciate il 27 gennaio. Il silenzio del memoriale ci ha seguiti fino all’ultima tappa della nostra passeggiata: il Monumento alla memoria delle vittime dell’Olocausto. Nel quartiere Mitte, 2711 blocchi di cemento si sono innalzati davanti a noi come tombe nel bel mezzo città: all’apparenza tutti uguali, i blocchi sono in realtà fissati in un terreno che si alza e abbassa, creando l’illusione di un labirinto le cui pareti si alzano man mano che si avanza verso il centro, fino a seppellirti.

Il campo di Ravensbrück

Il programma del viaggio è molto fitto: dopo l’intensa passeggiata attraverso la capitale tedesca e la prima cena di comunità per conoscersi meglio, bisogna alzarsi presto per raggiungere il campo di Ravensbrück, 80 km a nord di Berlino.

Ciò che rimane dell’enorme “campo delle donne”, si specchia nel fiume Havel che scorre placido verso la città di Fürstenberg, spettatrice muta di tutto quello che avveniva oltre le mura della città concentrazionaria. Il silenzio è così denso da potersi toccare. Delle 32 baracche restano solo delle enormi fosse rettangolari che rendono ancora più presente l’assenza di quelle trappole mortali: le originali in legno furono incendiate. 

All’interno del campo c’è persino un carcere usato per punire le leader politiche: le celle al suo interno sono state restaurate ma un elemento è rimasto originario: una catena di circa 30 cm che parte dal pavimento a cui le prigioniere venivano legate per il collo.

Fuori dalle mura, le impeccabili casette delle SS: si può visitare quella del comandante del campo che viveva lì con la sua famiglia, respirando quell’aria pregna delle ceneri dei crematori ancora visibili. Davanti al muro del campo centinaia di rose e alcune statue guardano verso la città, urlando il loro silenzioso e costante invito al ricordo.

Seconda tappa Cracovia: per le vie del ghetto ebraico e nella fabbrica di Schindler

Punto di partenza del tour nella città di Cracovia è Plac Zgody, ribattezzata Ghetto Heros Square. L’intera piazza è un memoriale: a intervalli regolari, silenziose, immobili, inevitabili sono poste 70 sedie di metallo, rivolte nella direzione in cui partivano i treni per i campi di Płaszów, Auschwitz e altri. Il progetto di Piotr Lewicki e Kazimierz Łatak, è un richiamo ai mobili e ai bagagli che rimasero sulla piazza quando nel 1941 più di 15.000 ebrei furono confinati nel ghetto, nel quartiere Podgórze. Alla barriera che circondava l’isolato i tedeschi diedero una forma particolare: la parte superiore tondeggiante faceva assomigliare il muro a una serie di lapidi affiancate e il ghetto intero a un cimitero. A sud della piazza, in via Lwowska, è ancora visibile un suo frammento.

La fabbrica di Schindler

A circa 10 minuti a piedi da Ghetto Heroes Square, si trova il Museo della Fabbrica di Schindler: l’ex fabbrica di oggetti smaltati ospita oggi una mostra permanente intitolata “Cracovia sotto l’occupazione nazista 1939-1945”. Grazie a documenti d’archivio, foto, registrazioni radiofoniche e cinematografiche, manufatti e installazioni multimediali, la collezione racconta la vita quotidiana durante l’occupazione tedesca, la resistenza segreta, il destino della comunità ebraica. Qui ogni stanza mira a coinvolgere tutti i sensi del visitatore. Si percorrono dei corridoi stretti e scuri dal soffitto basso, la temperatura sale, foto e lettere emergono luminose dallo sfondo scuro. Si giunge poi in un corridoio dalle pareti di vetro che affaccia su una stanza di una casa di inizi novecento con delle statue bianche a rappresentare quante persone potevano convivere in uno spazio tanto angusto. La barriera invisibile che ci separava è il limite della nostra comprensione: potremo sempre osservare, cercare di capire ma non potremo mai comprendere quali orrori vissero. Durante la visita si può vedere lo studio di Schindler e leggere l’elenco di tutte le persone da lui salvate. 

Auschwitz e Birkenau

Per entrare ad Auschwitz si deve attraversare un corridoio grigio intervallato da porte scorrevoli che si spalancano al tuo passaggio e si richiudono subito alle tue spalle, mentre lo spazio di restringe fino a giungere davanti al tristemente noto cancello d’ingresso.

Abbiamo superato le recinzioni di filo spinato, guardato dritto nelle torri di controllo vuote, osservato quelle palazzine di mattoni rossi trasformate dai tedeschi in “blocchi”. Credevo che mi sarei commossa, che avrei persino pianto ma in realtà ciò che sentivo salire era una cupa incredulità. Non potevo fare a meno di chiedermi come si potesse essere giunti a fare tutto questo. Le palazzine sono state trasformate in un grande Museo diffuso e per quanto si possa aver studiato ciò che è accaduto, averlo visto in documentari o film, nulla vi preparerà alle sensazioni provate in quelle stanze. Montagne di scarpe, tonnellate di capelli, migliaia di occhiali, di stampelle e busti, di pentole e ciotole, di divise, di valigie con i nomi e gli indirizzi: regna il silenzio ma ogni oggetto grida la sua storia, urla per essere guardato, per testimoniare che tutto è successo, che può ripetersi.

Escursione ad Auschwitz-Birkenau

Nel blocco 27 una stanza è occupata dal libro dei nomi delle vittime accertate, composto da più di quattordicimila pagine, contiene circa 4 milioni di nomi. Il posto in cui sono riuscita a rimanere di meno sono state le camere a gas. Qui non si moriva subito, come forse si crede: il gas impiegava dai quindici ai venti minuti per uccidere, un tempo lunghissimo fatto di atroci sofferenze che sono ancora tutte segnate su quelle pareti nere scavate da unghiate.

La visita di Birkenau non è stata meno incisiva. Qui le baracche erano in legno e furono quasi tutte incendiate: ciò che ne rimane è la distesa infinita dei comignoli delle stufe mai accese. “Birk” in tedesco vuol dire betulla e infatti tutto intorno a questa macchina di morte si innalzano boschi altissimi che allontanano ogni suono, il silenzio è assoluto. Una pioggia fitta e costante ha accompagnato tutta la nostra visita: per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare a come si potesse sopravvivere a tutto questo con solo una divisa di cotone addosso.

Cosa portare con voi?

Quando si parte per un viaggio simile nel vostro bagaglio non deve mai mancare una tuta comoda, scarpe da ginnastica, un cuscinetto da viaggio da utilizzare in pullman, abbigliamento anti freddo come maglie termiche, calzamaglie, guanti, felpati, cappelli imbottiti e sciarpe di lana. Contro la pioggia è sempre opportuno avere un impermeabile, un ombrello e scarponcini da neve, purtroppo il clima durante il viaggio della memoria che si svolge in inverno è sempre ostile ai visitatori. Ad ogni modo l’infallibile tecnica del vestirsi a strati è sempre la migliore da adottare!

A non dover mai mancare nel vostro bagaglio, altrettanto indispensabile, è un po’ di spazio vuoto: ci deve essere sempre posto per le cose scoperte per caso, per quelle imparate nel cammino. Il Treno della Memoria ha occupato quello spazio con un invito a non essere indifferenti in ogni ambito della propria vita, a far sentire sempre la propria voce, a farsi costantemente delle domande, ad avere spirito critico per non essere abbindolati da chi vuole strumentalizzare un genocidio per giustificarne un altro. 

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Giulia

Giulia scrive di libri, mostre e tanto altro, si è laureata in Lettere Classiche all’Università del Salento e ha conseguito il Master in Metodologie didattiche per BES e DSA all’Università di Urbino. Lavora ai dialetti salentini di area meridionale e come insegnante privata. Le sue grandi passioni sono la lettura, l’arte, la cucina e i viaggi.

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