Mi sono state recentemente chieste le mie impressioni di diverse esperienze, avventure anzi, che ho passato vivendo all’estero nel corso dei miei lunghi, sudati, bianchissimi (quasi) trent’anni. Una città, in particolare, l’ho proprio scelta per viverci. Tre volte ci ero andato in viaggio, in tre diversi momenti della mia vita: la fanciullezza, con un gruppo di anziane signore beneventane; ai miei diciotto anni; infine, l’estate dopo la morte di mio padre e appena laureato.

Ed ecco che, quando la mia università offrì ai propri studenti la possibilità di svolgere un tirocinio, tipo Erasmus ma con meno ore libere, in diverse sedi diplomatiche italiane, due furono le città che inserì: Praga, in Europa, e non ricordo quale meta del Centro-Asia, tipo forse Astana. Vinsi Praga, e questo mi regalò a inizio 2018 quattro mesi di avventura.

La magia di Praga

Praga è una città che a più mani è stata definita “una città magica”. Ha una lunga tradizione legata alla magia, come dimostra il Quartiere degli Alchimisti che si cela tra i vicoli del suo Castello. Ma anche il leggendario Golem, di tradizione ebraica. Ancora, le tradizioni di spettri e mostri che popolano le vie anguste e sinistre notturne della gotica capitale della Repubblica Ceca. Ecco, effettivamente Praga è una città magica. È magica soprattutto nei suoi dettagli trasformativi, nel suo potere metamorfico. Trasforma la realtà, e di conseguenza le persone che la popolano.

Va detto, è una città in cui ci si può tanto perdere, che però ritrovarsi. È un posto che ha una sua unicità, e anche se molti – lo pensavo anche io un tempo – ne trovano delle vaghe somiglianze con altre città fondamentali dell’Europa Centro-Orientale, come Budapest. Nella realtà l’estetica sarà anche simili, ma la vita al loro interno è più diversa di come lo si possa sperare, o immaginare.

Viverci, e studiarci o lavorarci, ti permette di esplorarne con calma gli aspetti che meno sono visibili all’occhio del visitatore.

Cosa farai quando sarai a Praga?

Ci sono due monumenti che troneggiano sulla città reale: la sua Cattedrale gotica e il suo Castello. Non che ci sia poco da dire su questi due posti, ma ci son guide specialistiche che possono parlarne molto più profondamente, e decisamente in maniera più professionale, di me.

La cattedrale è un gioiello che sembra, come la città, nascondersi. Parte della sua facciata è di fatto coperta da palazzi che popolano la piazza principale della città, Staroměstské náměstí, ospita non solo i mercatini, ma anche un Orologio Astronomico di fattura a dir poco unica. Trovare le sue guglie della grande cattedrale non è difficile, ma si rimane spiazzati quando invece di un enorme muro di pietra ci si ritrova le finestre di case di (fortunati) cittadini. Ha un suo perché il doversi buttare giù tra gli androni per trovare la strada per la cattedrale. Rappresenta il carattere in qualche modo dell’intera città. La cattedrale è fantastica, e questo è dire poco. E apre anche la via per una lunga passeggiata che può portare fino a Ponte Carlo, l’iconico e romantico luogo di milioni di foto e baci nella nebbia praghese e che conduce lentamente al secondo luogo, ancor più fantastico – almeno, questa è l’opinione di chi scrive – del quartiere di Hradčany, il quartiere del castello stesso.

Verso il castello

Rispetto al centro storico intorno la cattedrale, questo luogo è più tranquillo, complice anche la presenza di numerose ambasciate, sedi istituzionali, del Parlamento. È dominato, com’ovvio dal nome, dal Castello di Praga, una struttura unica nel suo genere.

Il castello è una cittadella, una città nella città. Superate le ampie mura, ci si ritrova persi tra i palazzi oramai uffici governativi e museo, la cappella (che poi abbia la grandezza di una cattedrale, è un dettaglio), i vicoli del Quartiere degli Alchimisti e la Via d’Oro. È un mondo in un mondo, invaso oramai da orde di turisti, espatriati, abitanti in cerca di uno splendido tramonto. Eppure, nonostante questo flusso di abitanti e di anime in giro per lo storico edificio, che ha accolto tra le sue porte avvenimenti come la Defenestrazione di Praga (momento di esplosione della sanguinaria Guerra dei Trenta Anni), mantiene un suo fascino indissolubile, legato a quell’aura di mistero e di quasi nebbiosa esistenza che si porta dietro.

Svegliarsi la mattina a Praga, specialmente nei mesi invernali o primaverili, vuol dire il più delle volte confrontarsi non solo col freddo, ma anche con la nebbia. E c’è qualcosa che spicca sempre nel paesaggio della città, proprio il suo castello. È un’ombra, mai minacciosa, ma perenne, che aleggia intorno il centro della capitale ceca. Le sue torri che svettano, lance contro il cielo, sembrano perenni guardiani della città, proprio come i golem e i gargoyle che compaiono qua e là tra i palazzi gotici.

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Opposti che si attraggono (nella stessa città)

Ma non è solo castello e cattedrale. No, Praga è un insieme di pezzi che sono insieme tanto caotici quanto affascinanti. Le Sinagoghe della città hanno una indescrivibile bellezza etera, così come il Cimitero Ebraico della città è costellato da una malinconica aria non di morte, ma di attesa.

La Chiesa dei Santi Cirillo e Metodio porta ancora i segni dei colpi di proiettili dei nazisti contro la cellula responsabile dell’omicidio di Reinhard Heydrich.

La Casa Danzante sulle rive del Moldava rappresenta perfettamente lo stato di una città in bilico tra le solidità del passato e le fluttuazioni, spesso inconsistenti e oblique, del futuro.

Sono alcuni cenni della città. Si potrebbero spendere pagine e pagine soltanto per fare la lista dei monumenti e della vita, culturale e notturna, che Praga offre. Non è un caso che certe guide cartacee per la città siano più grandi di quelle dedicate a intere regioni o paesi.

Ci sono però due posti, personalmente, che trovo unici nella città, e che sarebbe ingiusto non menzionare – specialmente visto il tempo che ci ho speso. Uno è nella piazzola informalmente dedicata a Kafka, vicino la sua casa nella città ceca, chiamato Absintherie. Il nome è chiaramente indicativo di cosa offra al suo interno. L’assenzio, la leggendaria bevanda dei poeti maledetti, servita qui in quantità considerevoli. I gusti i più vari, in ricette ispirate alle opere dello scrittore praghesi, sono a disposizione dei fortunati visitatori che andranno trovando spazio nel piccolo locale – effettivamente, molto piccolo.

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E c’era poi un secondo locale, un posto ancora più intimo e nascosto, sperso non lontano dalla già citata Chiesa dei Santi Cirillo e Metodio, nell’antro di un palazzo sovietico o di poco prima. Un posto che serve l’esatto opposto dell’assenzio. Il posto, chiamato Květinová čajovna, non ha nemmeno una traduzione in inglese. Non che lo staff lo parli, l’inglese. Ma a gesti è possibile riuscire a trovare un tavolo, e dal tavolo arrivare alle tazze da tè.

È il posto che non ci si aspetta di trovare in una città come Praga. Sembra essere uscito da un lontano villaggio nepalese, i cuscini per terra, le sedie scricchiolanti, i sapori di una terra lontana. È facile arrivare a spenderci qualche ora di troppo semplicemente perché immersi in una calma decisamente atipica per una città cosmopolita, qualunque essa sia.

Ma rappresenta perfettamente l’idea che mi sono fatto alla fine della città sul Moldava. Praga ha diverse anime, che spesso non sono manifeste. Si può vendere al prossimo, al turista soprattutto, e allo studente Erasmus, come una bellezza che ti può concedere delle notti di pura follia e di divertimento. Ma è nei vicoli lontani dalla movida e dai night club, nelle librerie inglesi, in legno, nei libri polverosi e nei pub dove servono birra bionda e cibi locali come il gulasch, che ecco si ritrova un po’ il cuore della città.

È in questa sua natura quasi intima che la città conquista davvero chi l’abita. Non è nella fretta, nelle corse, nelle folli serata – divertenti, certo, ma quasi uno specchio per le allodole.

Concludendoci: correteci!

Praga è una città assolutamente unica. Abbiamo messo in risalto qualcuno dei suoi aspetti, ma c’è tantissimo che qui non è entrato, dai ristoranti di italiani alla Torre della Radio, i mercati degli agricoltori così come le numerose opere d’arte disseminate per la città.

C’è tanto sparso per la parte tanto medievale che più moderna che un libro non è sufficiente a contenere tutti i misteri e le bellezze che la città ha da offrire. Il miglior consiglio che si può dare è quello di prendere al più presto un paio di biglietti, semmai proprio per la primavera, e lasciare da parte cartine, mappe e guide, e lasciarsi guidare solo dalla propria ispirazione nel girare per la capitale ceca. Chiedete, semmai, ai locali quali angoli scoprire, con gentilezza e cortesia.

E la città saprà regalarvi più avventure di quelle che potete immaginare e sognare ora. 

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Davide

Beneventano trapiantato a Roma abbastanza da aver perso l’accento e preso una nuova cadenza. Dottorando, ha trovato una ottima scusa per viaggiare in conferenze e seminari. Appassionato di qualsiasi cosa sia fuori l’ordinaria, ha scelto il Portogallo come ultima delle sue mete, in attesa di scoprire come sia Buenos Aires fuori dai racconti di Hugo Pratt. Si rivede in Pessoa, ma in fondo è un Soares che non è stato abbastanza Reis.

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